ROMEO
Il frastuono che viene su dalla strada costringe Romeo ad abbandonare la scrivania, il sole è calato e lui non se n'è nemmeno accorto. È rimasto nella penombra della stanza, con Attilio raggomitolato ai piedi, intento nella correzione dei temi che i suoi alunni hanno svolto in classe non più di una settimana fa. Distende le lunghe gambe magre e un solo passo gli basta per raggiunge la finestra, con gesto deciso chiude i vetri, la vecchia maniglia d'ottone non gira più tanto facilmente, le nocche delle sue candide mani diventano rosse per lo sforzo e le scuote un può prima di infilarle nella tasca dei pantaloni. Torna alla scrivania e accende la lampada, ma non ha più voglia di continuare a correggere i temi, con un gesto stizzito, li sparpaglia, scuote la testa, ci penserà domani.
Poi li raccoglie e li appoggia ordinatamente a lato della scrivania, fa un lungo respiro, prende la giacca dall’attaccapanni ed esce di casa. Pensa ancora a quei temi e al perché dovrebbe correggerli ed omologarli al suo pensiero, mentre cammina distratto a testa bassa, dal bar sull'angolo arriva una musica, è il bar che ogni mattina, passandoci davanti per andare a scuola, osserva, non ci è mai entrato, là dentro la gente è quasi sempre la stessa, si conoscono tutti, sorridono, ridono, sono complici e lui si sentirebbe un estraneo, supera il locale ma poi ci ripensa, torna indietro, apre la porta e viene travolto da quei suoni e dalla leggerezza del vociare intorno.
Non è stato poi così difficile, pensa, si avvicina al bancone e ordina un gin tonic, vuole osare, i capelli rossi di una donna che siede due tavoli più in là lo ipnotizzano, ha una risata contagiosa, un viso simpatico, ascolta i botta e risposta che gli arrivano alle orecchie e sorride involontariamente, beve il gin tonic, ancora un altro sguardo a quei capelli, paga il conto ed esce dal locale.
Domani sarà una giornata pesante, il collegio d’istituto e l’ennesima supplenza, ormai da settimane nella 3C manca il collega di arte, la classe denominata da tutti “lo zoo”, non sono cattivi ragazzi, ma sono imprevedibili e troppo fantasiosi, l’ultima volta, nel silenzio più totale, mentre sparava le ultime cartucce sul cubismo, un movimento alle sue spalle e dall'armadio è uscito Martinelli lo splendido, splendido perché l’anno prima si aggirava per la scuola avvolto da lucine natalizie, “Eccomi sono tornato or ora da Narnia” e tutti a ridere correndogli incontro, battendo cinque a profusione, urlando come matti. È sempre così, chissà cosa succederà domani. Preso da questi pensieri, rientra a casa, si toglie la giacca, la butta sul divano, toglie le scarpe, le lascia vicino alla porta, va in bagno, si lava le mani, le asciuga, pensa a quale confezione di pasta gli toccherà scongelare stasera, apparecchia in tre minuti, quelli impostati sul microonde per la sua cena. Domani è un altro giorno, forza e coraggio.
Eccolo davanti alla scuola, puntuale come al solito, anzi in anticipo come al solito, quello è il momento della giornata che preferisce, nessuno fuori, nessuno dentro, a parte Beppe: il custode, il bidello, l’idraulico, l’elettricista, il trova robe, il factotum dell’istituto. I passi di Romeo rimbombano nei corridoi vuoti, un saluto a Beppe e poi titubante si infila nell’aula della 3C, pronto a ripassare più che l’argomento il self control da tenere, mentre è concentrato su questo pensiero, rimane a bocca aperta nel vedere seduta alla cattedra lei, la donna dai capelli rossi, quella del bar, quella dalla risata contagiosa, quella dal viso simpatico.
Romeo è rimasto sulla porta e barcolla un po', non sa decidersi se fare quel passo in più che serve per essere dentro l'aula o farne uno indietro per evitare spiegazioni e presentazioni. Ma non c'è più tempo, la rossa signora si è già alzata dalla cattedra, sorride e viene verso di lui con la mano tesa "Buongiorno, lei è?".
Romeo, sfiancato dagli ultimi istanti d'indecisione tenta di ricambiare il sorriso e, fingendo naturalezza, mette una mano in tasca, fa per appoggiarsi alla porta che, sotto il suo peso, si apre di più, batte fragorosamente contro il muro e gli fa perdere l'equilibrio. La prof lo raggiunge giusto in tempo per sostenerlo con la mano tesa che avrebbe dovuto servire per le presentazioni, lui in un baleno si ricompone e dice "Sono il nuovo professore di arte". Lei ora è perplessa e preoccupata "Anche lei?".
Un attimo di silenzio, Romeo ripensa alle parole appena pronunciate e si batte una mano sulla fronte "No, mi scusi, la nuova professoressa di arte dovrebbe essere lei". La donna annuisce e torna a sorridere di nuovo.
Finalmente anche Romeo si distende in un sorriso e mentre quel sorriso si apre sempre più e cupido sta per prendere la mira, un’orda di ragazzini varca la soglia, la freccia si va a conficcare nel muro e Romeo viene sballottato tra uno stipite e l’altro della porta, paonazzo in viso alza la mano a mo’ di arresa, la prof urla “ragazzi calma mettetevi seduti che cominciamo la lezione, forza!” E rivolta a lui, con uno sguardo eloquente “Arrivederci professore”.
Romeo ricambia il saluto, gira i tacchi e pensa, che imbarazzo, che faccio adesso? Due ore vuote e la testa piena di capelli rossi, su Romeo, Romeo i temi, correggi i temi e sgombra la mente.
Le campanelle a segnare la fine e l’inizio delle lezioni si susseguono stonate nella sua testa, cammina tra i banchi come se levitasse e i ragazzi stranamente sono tranquilli, alle domande rispondono preparati e tutti, proprio tutti hanno portato i compiti fatti : ma cosa succede? Ehi cosa succede?! Prof Romeo prontoooo, ci sei?!? Ehiii sveglia!!
Romeo, non aveva dormito la notte precedente pensando a capelli rossi e dopo l’incontro inaspettato, il crollo e quando crolla Romeo sono sonore ronfate.
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